Torrebelvicino può essere considerata la Porta dell’Alta Val Leogra. Si trova, infatti, a circa metà vallata prima della strozzatura tra i monti Cengìo ed Enna che sovrastano il paese. Gli amanti della filologia sono oggi propensi a tradurre la desinenza belvicino in conca rigogliosa d’acqua.
Il territorio divenne dominio di Roma nel II secolo a.C.; la popolazione locale, di origine italica, si fa risalire all’epoca retica. Anche i prefissi di Torre e Pieve sembrano rivelare l’origine romana dei due centri: il primo, infatti, sembra derivare da una torre di guardia e segnalazione, mentre Pieve ci riconduce alla preminenza religiosa assunta dal luogo in seguito alla diffusione del cristianesimo.
Nel X secolo i Vescovi di Vicenza costruirono nei loro territori delle fortificazioni per difenderli dalle razzie degli Ungari. Una di queste fu il castello di Belvicino, edificato su una collina a forma di cono, ai piedi della quale sorgeva la chiesa collegata con un cunicolo sotterraneo agli avamposti del castello.
Nel 1497 Enna diventò parrocchia. I suoi abitanti, di origine tedesca, ottennero così l’autonomia religiosa da Torrebelvivino, per avere preti che parlassero la loro stessa lingua. In quest’epoca, i primi secoli dopo il mille, la costruzione della roggia e quindi di mulini, magli e fucine favorirono lo sfruttamento delle risorse minerarie presenti in abbondanza sui monti circostanti e facilitarono il diffondersi di attività artigianali. Sotto il dominio della Repubblica di Venezia il territorio della valle, pur vivendo un periodo di relativa pace, non ebbe grande sviluppo economico come avvenne invece in altre parti delle regioni settentrionali. Dopo la caduta della Serenissima (1797) e un breve passaggio dei Francesi, arrivarono gli Austriaci ma la situazione generale rimase critica.
Solo dopo gli anni ‘70 dell’Ottocento cominciarono a maturare le condizioni economiche per uno sviluppo industriale della valle. In quel periodo a Torrebelvicino e Pievebelvicino sorsero le manifatture tessili della Famiglia Rossi. Si trattò di una vera e propria rivoluzione che sconvolse le abitudini, le tradizioni e i modelli di vita degli abitanti della valle. Quella situazione durò fino agli anni ‘60 del Novecento quando le manifatture sopra citate furono trasferite, mettendo a serio rischio la prosperità raggiunta. Il vuoto lasciato dalla grande industria è stato, invece, colmato da tante piccole e medie imprese che hanno saputo rimettere in moto lo sviluppo e rinnovare il benessere degli abitanti, come del resto in quasi tutto il Nord-Est d’Italia. (da Vivi la Città 2004-2005 - Gruppo Media)